BENVENUTI al primo di una serie “incontri” – con Enrico Podestà – che abbiamo deciso di dedicare al settore dei parcheggi, della mobilità e del traffico nelle città italiane, con la pubblicazione di alcune pillole (Inpills).

La prima pillola: #01 Perchè si paga la sosta

Siamo convinti che molte delle attività che svolgiamo quotidianamente possano rivelarsi interessanti per chi opera nel settore, per chi sta cercando di formarsi o di entrarvi, ma anche per tutti i cittadini che ogni giorno vivono le città e ogni giorno devono interfacciarsi con diverse soluzioni per parcheggiare e muoversi nel traffico.
Iniziamo oggi con un tema molto sentito. Molte volte ci accorgiamo che avvicinandoci al centro di una città risulta più di difficile trovare strisce bianche dove il parcheggio è ovviamente gratuito, mentre gradualmente aumentano le strisce blu dove invece è necessario il pagamento di una tariffa per parcheggiare l’auto-.

Una domanda che scherzosamente viene rivolta spesso, è proprio per quale motivo si debba pagare il parcheggio in uno spazio e non in un altro, al di la del fatto che in uno la linea è blu e nell’altro la linea è bianca.

I motivi per cui si paga il parcheggio sono cambiati nel corso della storia dell’uomo, a seconda dei diversi modi che abbiamo adottato per spostarci. Una volta, infatti, si pagavano i locali dove venivano ricoverati i cavalli, la prima forma di mobilità alternativa alla camminata. Esiste anche una normativa a riguardo: un testo del 1931 riporta le regole per i locali di stallaggio, dove il cavallo veniva custodito. Si è poi passati agli stalli, posizionati direttamente sulla strada, gli stessi stalli dove oggi parcheggiamo le nostre macchine pagando delle tariffe. Inizialmente il pagamento era legato alla presenza dei custodi, i quali avevano il compito di tenere in concessione determinate aree del comune. Ad essere pagato, così come avveniva per i cavalli, era quindi un servizio legato all’effettiva custodia del nostro veicolo. Dagli anni Novanta il sistema tariffario è cambiato nuovamente: la presenza dei custodi non è più richiesta, e la tariffa viene pagata presso dei terminali elettronici, chiamati parcometri o parchimetri.
Questo ha portato a una modifica della motivazione della tariffa, che la nostra norma ha comunque cercato di regolamentare fin da subito. Nella nuova normativa sul codice della strada del 1992 viene infatti stabilito sia a chi spetti selezionare le aree da adibire a pagamento -ovvero al sindaco, con un’ordinanza, tramite una delibera di giunta- sia con quali criteri debbano essere reinvestiti i proventi delle aree di sosta. Riguardo a questo ultimo punto, i due possibili campi di investimento riguardano le soluzioni di mobilità alternativa -quindi una mobilità più leggera con fini di trasporto-, o la realizzazione di possibili alternative allo stesso sistema dei parcheggi nei centri storici e nelle aree di congestione.

Uno dei motivi per cui paghiamo il parcheggio è quindi, paradossalmente, la volontà di realizzare soluzioni alternative al parcheggio, di migliorare la qualità del centro grazie a investimenti su servizi e tecnologie nuove. Alcuni buoni esempi riguardano gli investimenti fatti sui servizi di bike sharing, sulle piste ciclabili e su tutti quei progetti mirati alla promozione di una mobilità “non a motore” per i nostri centri. I Comuni possono decidere di utilizzare i proventi mano a mano che vengono ricavati, oppure se iniziare subito, una volta stretta una collaborazione con un’azienda esterna per la concessione delle suddette aree, a reinvestire gli introiti per stimolare l’utilizzo di soluzioni alternative alle auto individuali, con sistemi che oltre ad essere meno inquinanti richiedono minor investimenti, minor mantenimento e minor manutenzione.
Se il codice della strada è ben noto a tutti, e quindi una norma tenuta ben di conto da tutte le Amministrazioni, pochi hanno invece conoscenza di una circolare ministeriale del 1991, in cui vengono tracciate -precedentemente rispetto al codice della strada- delle linee guida ancora più precise sulla tariffazione della sosta.

Queste prime indicazioni mirano alla riduzione dell’impatto ambientale, al risparmio energetico nei centri urbani. Già nel 1991 avevamo quindi una norma molto evoluta, che oggi risulta forse più comprensibile di allora, anche perché oggi capiamo finalmente bene quanto ridurre la congestione del traffico all’interno dei centri urbani non possa che migliorare la qualità ambientale e quindi la qualità stessa di vita dei nostri centri. La circolare mira a stabilire due cose fondamentali. La prima è la gradualità della tariffa, che deve essere pensata in relazione alla congestione dell’area di riferimento. Questa sarà maggiore per ogni zona in cui la fluidità del traffico è più a rischio, così da dissuadere piuttosto che incentivare all’utilizzo della macchina.

Lo scopo ultimo della sosta a pagamento dovrebbe infatti essere quello di comportare un uso razionale -e quindi ridotto- del veicolo. La seconda è la definizione di come la tariffa debba essere modulata per classi. Se la tariffazione è a zero nelle aree periferiche prive di congestione, la più alta sarà rintracciabile in prossimità di quelli che oggi potremmo chiamare “poli attrattori”, ovvero i posti dove più persone vogliono andare contemporaneamente. Considerato che l’obiettivo è quello di promuovere un impatto ecosostenibile attraverso la fluidificazione del traffico, in molte città i proprietari di veicoli elettrici o veicoli ibridi -che consumano meno- godono di agevolazioni, riduzioni, o abbonamenti convenzionati. Dal 1991 ad oggi molte cose sono cambiate: il carsharing è un’ottima alternativa all’utilizzo indiscriminato del veicolo, mentre altre soluzioni di mobilità possono essere finanziate con i pagamenti di chi, per necessità o per piacere, continuerà ad utilizzare la propria macchina per arrivare all’interno dei centri urbani.
Ora forse non sarà per tutti più simpatico pagare i parcheggi, ma per lo meno abbiamo capito che un motivo c’è.

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